Nel cuore dell’Umbria, tra le colline che abbracciano Montefalco, esiste una frazione chiamata Turrita che custodisce una piccola grande storia. È quella di Riccardo e Serena, una giovane coppia che ha scelto di trasformare la passione per il vino naturale in un progetto di vita. Non si tratta solo di bottiglie, vitigni o fermentazioni: è un racconto di radici, di famiglia, di errori che insegnano e di sogni che si coltivano come grappoli sotto il sole.
La loro cantina non ha impianti all’avanguardia né etichette patinate. Ha invece mani che lavorano, occhi che osservano, e un rispetto profondo per la terra e per le tradizioni tramandate dai nonni. Ogni vino che nasce da quel mezzo ettaro di vigna è un frammento di vita, un esperimento, una poesia liquida che parla di autenticità.
In questo articolo vi porto tra le vigne di Riccardo e Serena, tra le colazioni fatte in vendemmia, le etichette dipinte a mano, e le sfide affrontate con il sorriso. Perché dietro ogni calice c’è molto più di un sapore: c’è una storia che merita di essere raccontata.
Il sole di settembre accarezza le colline di Turrita, e Riccardo è già tra i filari, piegato sulle viti come in preghiera. Con il refrattometro in mano, misura acino per acino, cercando il grado zuccherino perfetto. Serena lo segue con un quaderno macchiato di terra e vino, annotando ogni dato con la precisione di chi sa che ogni errore si paga in cantina. “Due anni fa abbiamo raccolto tutto insieme,” raccontano, “e ci siamo ritrovati con fermentazioni bloccate e gradi troppo bassi. Da lì, abbiamo capito: ogni grappolo ha il suo tempo, anche se crescono sullo stesso filare.”
Non c’è tecnologia all’avanguardia, solo mani, occhi e cuore. E una bambina, Eva, che corre tra le vigne con la stessa energia con cui i suoi genitori inseguono un sogno fatto di terra, fatica e vino.
Nel salotto di casa, tra giochi sparsi e tele appoggiate ovunque, Serena dipinge. Non c’è uno schema, né un progetto preciso. Solo sensazioni. In venti minuti, con pennellate istintive, nascono le etichette dei loro vini: piccole opere che non spiegano, ma evocano. “Non c’è un modo giusto o sbagliato di vederle,” dice Serena, “ognuno ci trova quello che vuole.” E così, ogni bottiglia diventa un messaggio in codice, un invito a interpretare, a sentire. È arte che nasce dal vino e torna al vino, chiudendo un cerchio fatto di emozioni.
Gigio: il vino che sa di terra e memoria
Tra le piante di Trebbiano Spoletino, Riccardo ha scovato qualche ceppo diverso. “Montonico,” ha scoperto poi. Non sapevano cosa aspettarsi, ma hanno deciso di provarci. Così è nato Gigio, un vino fatto tutto a mano, dalla diraspatura alla pigiatura, macerato quindici giorni per dargli corpo. Solo trenta bottiglie, ma ognuna racconta una storia: quella del nonno Gigio, che intingeva il pane nel vino e parlava alla terra come a una vecchia amica. “Tutti dovrebbero avere un nonno Gigio nella propria vita,” dicono. E in quel calice c’è la fatica, la passione, e l’amore per le tradizioni che non invecchiano mai.
L’Alfiere: il portabandiera della cantina
Il Vermentino di Riccardo e Serena non è solo un vino: è una dichiarazione d’intenti. Impiantato sei anni fa dal padre di Riccardo con l’idea di farne un blend, è stato “salvato” dalla coppia che ha deciso di lasciarlo libero di esprimersi da solo. “Abbiamo fatto bene,” dicono sorridendo. E così è nato L’Alfiere, il vino che porta la bandiera della loro cantina, proprio come il soldato che un tempo guidava l’esercito con il vessillo in mano.
Macera sulle bucce per 7–8 giorni, poi riposa in damigiana. Il risultato? Un vino che cambia da calice a calice, con note di camomilla e tisana, delicato ma profondo. E il nome, oltre al significato simbolico, è anche un omaggio al papà Alfiero, senza il quale questa piccola realtà non esisterebbe.
Fer_Mento: il rosato che ha fatto sudare
Fer_Mento è il vino che ha messo alla prova la pazienza e la tenacia di Riccardo e Serena. Un rosato composto da 80% Sagrantino e 20% Trebbiano Spoletino, nato da uve che maturano in tempi diversi e che, per essere raccolte insieme, richiedono un’attenzione quasi maniacale. “Abbiamo buttato quintali di vino i primi anni,” confessano, “la fermentazione si bloccava, nemmeno la termocoperta intorno alla botte serviva!”
Oggi, dopo tentativi e notti insonni, Fer_Mento è diventato uno dei loro vini più soddisfacenti. Fermenta in una sola massa, senza macerazione sulle bucce, e porta nel nome tutta la fatica e la passione che lo hanno reso possibile. È il vino che più di tutti racconta il loro percorso: fatto di errori, di esperimenti, e di quella voglia di non mollare mai.
In questa intervista, ci aprono le porte della loro cantina e della loro quotidianità, fatta di vendemmie con i nonni, etichette dipinte a mano e fermentazioni che insegnano pazienza. Un racconto sincero, dove il vino non è solo prodotto, ma esperienza, errore, intuizione e famiglia.
Ciao Riccardo ti và brevemente di presentarti?
Riccardo: Ciao, siamo Riccardo e Serena, una giovane coppia che ha deciso di trasformare la passione per il vino naturale in un progetto concreto: una piccola cantina nella frazione di Turrita, a Montefalco.
Mw: Come hai deciso di entrare nel mondo della produzione di vino artigianale?
Riccardo: Come già anticipato, la nostra è innanzitutto una passione, sicuramente alimentata dal fatto che i nostri nonni hanno sempre prodotto vino e ce lo hanno sempre fatto assaggiare ;)- Non abbiamo una formazione specifica. Vige la politica: sbagliando si impara! Ovviamente osserviamo chi ha più esperienza di noi e cerchiamo di mettere in pratica quello che apprendiamo senza allontanarci dal nostro modo di lavorare in vigna e in cantina. E’ vero che la saggezza dei nonni è sacra, ma ci sono degli aspetti che vanno migliorati, senza snaturalizzarli.
Mw:Quanto è importante per te l’innovazione rispetto alla tradizione nel processo di produzione? C’è un legame personale o familiare con la tradizione vitivinicola? Come definiresti il tuo stile di vino artigianale e cosa lo distingue dagli altri vini sul mercato?
Riccardo: Cerchiamo di rispettare le tradizioni, ma pensiamo siano necessari degli
accorgimenti per far sì che dalla cantina esca un buon prodotto, pur sempre artigianale ma meno“grezzo” di quello che proponevano anni fa. – Il nostro vino artigianale non è migliore di altri. E’ speciale per noi, ed è questo che lo distingue da tutto il resto (ai nostri occhi…e gusti).
Mw: Quali sono le varietà di uve che utilizzi e perché le hai scelte?
Riccardo: Noi utilizziamo le varietà che sono disponibili in vigna, in quanto non abbiamo impiantato nulla:Trebbiano Spoletino, Vermentino, Montepulciano d’Abruzzo, Sagrantino e Montonico. Alcune di oltre 20 anni, altre più giovani (6 anni).
Mw: Puoi descrivere il processo di vinificazione che utilizzi?
Riccardo: Partiamo dal presupposto che si tratta di mezzo ettaro di vigna. Ciò ci permette di effettuare tutte lavorazioni a mano, partendo dalla raccolta, momento cruciale perchè è dove procediamo con la selezione dei grappoli. Una volta finite le fermentazioni (che avvengono in grandi tine), dal torchio le masse vanno in damigiana fin quando non si avvicina il momento dell’imbottigliamento. Prima di questa fase, il vino va travasato in acciaio per far depositare più redisui possibili (visto che non facciamo nè filtrazioni nè chiarifiche).
Mw: Qual è l’importanza del terroir (suolo, clima, esposizione) nella creazione dei tuoi vini?
Riccardo: Sicuramente il terreno argilloso su cui è impiantata la nostra vigna ci permette di avere vini con una bella struttura, importanti. Anche l’esposizione gioca un ruolo fondamentale per la giusta maturazione dell’uva, ma si tratta anche di una zona collinare, con vigne di 200 mt, lungo i quali i grappoli hanno maturazioni diverse. Sempre tornando al discorso dello “sbagliando si impara”, due anni fa è successo che raccogliendo tutto il filare abbiamo avuto problemi in cantina con i gradi zuccherini troppo bassi, da qui ci siamo resi conto di quanto le maturazioni dello stesso filare fossero diverse e abbiamo risolto il problema misurando col refrattrometro acino per acino per selezionare i grappoli più maturi. Cosa non si fa per amore?!?
Mw: Quali tecniche tradizionali e moderne utilizzi nella produzione? Hai mai utilizzato pratiche sostenibili o biologiche nella tua produzione?
Riccardo: Come anticipato, non usiamo tecniche o attrezzature di ultima generazione. Il nostro è un lavoro soprattutto manuale, e ciò che non si riesce a fare a mano, lo facciamo con gli attrezzi di famiglia (sicuramente non all’avanguardia).- In vigna, per prevenire malattie come la peronospera ecc, ricorriamo alll’utilizzo di rame e zolfo. In cantina invece, per slavaguardare il vino soprattutto nela fase di imbottigliamento, usiamo una minima quantità di metabisolfito. Dalle analisi i nostri vini hanno circa 30mg/l di solforosa totale.
Mw: Quanto tempo dedichi alla cura dei vigneti rispetto alla vinificazione? Qual è la sfida più grande che affronti durante la produzione del vino artigianale?
Riccardo: La cura dei vigneti sicuramente richiede più tempo rispetto alla vinificazione, che invece occupa un periodo ben preciso dell’anno. Oltre al fatto che si deve sempre tener conto delle stagioni. – Ogni fase richiede attenzione, è una sfida. Non intervenendo chimicamente in nessun modo, non possiamo permetterci di sbagliare. Come già detto iniziamo a creare il nostro vino gia dalla raccolta, con la selezione dei grappoli e un’accurata misurazione del grado zuccherino degli acini.
Mw: Come vedi l’evoluzione del mercato del vino artigianale e come ti prepari ad affrontare il futuro? Hai qualche consiglio per chi vorrebbe avventurarsi nel mondo del vino artigianale?
Riccardo: Non siamo dei giramondo, ma ci stiamo accorgendo che c’è sempre più richiesta di questo tipo di prodotto, anche nelle nostre piccole realtà di campagna. – Non possiamo dare consigli. Per quanto le fasi della vinificazione siano bene o male le stesse per tutti,
ognuno ha il suo modo di lavorare, ognuno ha il suo approccio con la natura ed ognuno ha i suoi gusti in fatto di vino.
Mw: Com’è il tuo equilibrio tra vita privata e lavoro? La produzione di vino ti lascia spazio per te stesso?
Riccardo: Entrambi abbiamo un lavoro che non concerne con la cantina. Sicuramente ci sono periodi dell’anno in cui ci possiamo permettere di stare un po’ di più con la mente libera e altri, tipo il periodo pre e post vendemmia, in cui servirebbero giornate da 40 ore. Per non contare che da quasi due anni le nostre energie sono quasi tutte dedicate ad Eva, la nostra piccola pestifera.
Mw: Il vino che produci è in qualche modo legato alle tue radici o alla tua storia personale? Chi sono i tuoi principali modelli di riferimento nella vita, sia nel lavoro che nella vita privata?
Riccardo: Sì, sicuramente sì, proprio per le tecniche che utilizziamo per produrlo.- Siamo entrambi ragazzi che amano la propria famiglia ma che, anche prima di incontrarsi, sono
sempre stati piuttosto autonomi. Sicuramente le nostre famiglie hanno contribuito in questo.
Mw: C’è un ricordo legato al vino che ti ha segnato particolarmente, magari dalla tua infanzia o dai primi anni della tua carriera? E come influisce il lavoro nel mondo del vino sulla tua vita sociale? Ti è difficile staccare dal lavoro quando sei con gli amici o la famiglia?
Riccardo: Senza dubbio le vendemmie coi nonni. Sempre viste come un momento di festa.- In realtà intraprendere questa strada ci ha permesso di conoscere tanta bella gente. Siamo circondati da persone che amano il vino quanto noi, quindi anche una cena si trasforma in una lezione per tutti, dove ci si confronta e si scambiano idee ed esperienze
Mw: Ci sono tradizioni familiari o rituali legati alla preparazione del vino che ti fanno sentire connesso alle tue origini? Cosa fai per rilassarti e distogliere la mente dal lavoro? Hai hobby o attività che ti permettono di staccare completamente?
Riccardo: La cosa che ci viene in mente per prima è la colazione in vigna durante la vendemmia.- Eva 🙂
Mw: Sei mai stato tentato di cambiare carriera o hai mai pensato che la vita da produttore di vino artigianale non fosse la strada giusta per te? Come la tua famiglia e i tuoi amici vedono la tua scelta di intraprendere questa carriera? Sono coinvolti anche loro nel progetto?
Riccardo: Non ancora 🙂 Vivendola come una passione e non come un lavoro, ancora resistiamo!!- Sicuramente ci danno una grossa mano, chi fisica, chi psicologica.- Assolutamente sì! I primi due anni abbiamo prodotto vino per poi buttarlo tutto. La lezione principale è che nulla va dato per scontato, che si impara sbagliando e si impara meglio se si
ascolta chi cerca di darti un consiglio. Siamo sempre in sperimentazione, è ciò che ci piace fare!
Mw: Hai mai avuto dei “fallimenti” o delle esperienze difficili che ti hanno fatto crescere come produttore e come persona? Come è una tua giornata tipo? Quanto tempo dedichi alla vigna, alla cantina, e alle altre attività legate alla tua azienda?
Riccardo: Sicuramente c’è stato un momento in cui ci siamo resi conto che il vino naturale/artigianale era quello che piaceva a noi. Inannzitutto quando la mattina ci siamo svegliati senza mal di testa!!!- Non c’è un modo per descrivere il rapporto che abbiamo con la natura se non RISPETTO. Si basa tutto su questo. Ah sì, amiamo anche gli animali!;)
Mw: Ti capita mai di parlare di vino e del tuo lavoro anche fuori dal contesto lavorativo, con persone che non sono nel settore? Cosa ti piace condividere di più con loro?
Riccardo: Soprattutto fuori dal contesto lavorativo! Come anticipato abbiamo una comitiva con cui condividiamo questa passione. Assaggiare un prodotto che ci rende soddisfatti soprattutto dopo le difficoltà riscontrate è un momento di grande orgoglio, se poi piace anche agli altri, la vittoria è doppia!- “Lu vino se fa nto la vigna!” (il vino si fa in vigna).
Mw: Le tue etichette sono meravigliose, ti va di raccontarci un po come nascnono?
Riccardo: Le etichette sono dipinti fatti da Serena su tele che abbiamo come decoro nel salotto di casa. Non c’è molto da raccontarci, nel senso che sono nate di impulso, quasi tutte dipinte in 20 minuti e senza logiche, solo sensazioni pensando a ciò che avrebbero dovuto rappresentare ma allo stesso tempo lasciando agli altri la libertà di interpretarle in base a ciò gli evocano. In sintesi non c’è un modo giusto o sbagliato di raccontarle, vederle e sentirle.
Mw: Parlaci dei tuoi vini, i loro nomi, gli uvaggi.
Riccardo: L’ALFIERE: 100% Vermentino, vigna giovanissima di 6 anni e impiantata dal papà di Riccardo perché voleva farci un blend col Trebbaino Spoletino, glielo abbiamo impedito e abbiamo fatto bene 😉 Non siamo riusciti a risalire al clone, ma è un vino che rilascia note di camomilla, tisana e che, come ogni nostro vino, cambia moltissimo tra un calice e l’altro. Macera sulle bucce per il tempo della fermentazione (7/8 giorni) e poi in damigiana. Il nome di questo vino è stato scelto per due motivi: il primo è che l’alfiere, in passato, era il soldato incaricato di portare la bandiera del suo esercito e per noi, il Vermentino, è il vino di cui fino ad ora, andiamo particolarmente fieri; il secondo è che il papà di Riccardo si chiama Alfiero. E se esiste la nostra realtà è grazie a lui.
NANì 100% Trebbiano Spoletino, anche lui impiantato insieme al Vermentino. Un vitigno tanto versatile quanto complesso… ci siamo ritrovati a raccogliere grappolo per grappolo perché la nostra vigna si sviluppa su una collina, con vigneti di circa 200 metri e che, tra l’inizio e la fine della vigna, matura in modo diverso anche se è lo stesso filare. Questo per riuscire a gestire al meglio fermentazione in primis, poi acidità e ciò che ne consegue.
Anche lui damigiana, essendo il Trebbiano Spoletino un vitigno strutturato, quest’anno abbiamo deciso di farlo macerare solo 5 giorni.
Nanì perchè è un omaggio al quarto componente della famiglia: la nostra gatta rossa, trovata abbandonata in mezzo ad un campo di grano.
FER_MENTO: Il nostro rosato composto da 80% Sagrantino e 20% Trebbiano Spoletino, è il più difficile da gestire, questo perché le uve che creano il blend hanno maturazioni diverse. Una volta trovato il momento ideale per raccoglierle entrambe, sempre con l’attenzione alla selezione dei grappoli, le fermentazioni avvengono insieme (una sola massa), ma senza macerazione sulle bucce. Il nome questo vino lo deve al fatto che ci ha sempre fatto sudare con la fermentazione. I primi anni ne abbiamo buttato a quintali perchè si bloccava. Nemmeno la termo coperta intorno alla botte è servita! Ad oggi però possiamo ritenerci più che soddisfatti del risultato raggiunto!
PERBACCO: 100% Montepulciano d’Abruzzo, è un vino dagli aromi intensi, che ricordano i frutti rossi e la voglia di rilassarsi con un calice davanti al camino. Un ottimo compagno nelle sere autunnali e invernali, quando la natura si addormenta. E’ l’ultima uva che viene raccolta per la sua maturazione più lenta rispetto alle altre. Macera sulle bucce il tempo della fermentazione e, a differenza degli altri, questo vino fa affinamento in cemento. Poi stessa procedura: acciaio per far depositare più fecce possibile poi bottiglia. Quest anno abbiamo cercato di creare un prodotto dalla beva più facile, quindi con un tannino non troppo invadente e un’acidità che rende il vino più fresco. Il nome è pensato come un esclamazione: “Perbacco che vino!!!” ma anche come un omaggio a Bacco, l’unico Dio che, in un mondo di guerre riuscirebbe a mettere tutti d’accordo…Insomma, chi sarebbe infelice davanti a un calice di buon vino?
GIGIO: 100% Montonico, un vitigno che per noi è stata una scoperta. Fare questo vino è stata una sfida oltre che un’esperienza didattica. Non sapevamo di cosa si trattasse, ne abbiamo trovate poche piante in mezzo al Trebbiano Spoletino, così ci siamo detti “come sarà?” per la minima quantità, Gigio è un vino lavorato tutto a mano, dalla diraspatura alla pigiatura (quest’anno siamo riusciti a produrne 30 bottiglie)…Macerato 15 giorni sulle bucce per dare più corpo a un’uva che non è predisposta per vini impegnativi. E’ assolutamente di facile beva. Gigio è quel nonno che è sempre stato dedito alla terra. Che amava intingere la crosta del pane in un buon bicchiere di vino. Quel vino fatto come si faceva una volta: fatica, passione e amore per le tradizioni!
Tutti dovrebbero avere un nonno Gigio nella propria vita. Tutti i nostri vini fanno fermentazioni spontanee, non ricorriamo a chairifiche, nè filtrazioni.
Mw: In ultimo cosa ti ha spinto ad accettare di essere intervistato da Mister Wine?
Riccardo: Abbiamo accettato questa intervista perchè ci piace raccontare il nostro percorso.
Far assaggiare il vino è riduttivo. E’ bello sapere cosa c’è dietro alle bottiglie che uno apre. Esiste una storia in ogni singola bottiglia e chi le assaggia è bene che sappia il lavoro svolto, per apprezzarne le qualità ma anche i difetti. Non esiste perfezione, esiste la passione, la voglia di migliorarsi e la voglia di condividere quello che si fa con gli altri. Tutto ciò già può essere considerato un grande traguardo.
La storia di Riccardo e Serena non è fatta di numeri, né di strategie di mercato. È fatta di gesti quotidiani, di scelte controcorrente, di colazioni in vigna durante la vendemmia, quando il tempo sembra fermarsi e il profumo dell’uva si mescola al caffè caldo.
Ogni vino è un personaggio: Gigio è il nonno che intingeva il pane nel bicchiere, Nanì è la gatta rossa trovata in un campo di grano, Perbacco è l’esclamazione davanti a un calice che scalda l’anima. E poi c’è Eva, la piccola pestifera, che corre tra le botti e ricorda ai suoi genitori che la vita, come il vino, è fatta di equilibrio tra caos e bellezza.
Non c’è perfezione in questa cantina, ma c’è rispetto. Per la natura, per le tradizioni, per le persone che condividono questa passione. “Lu vino se fa ‘nto la vigna,” dicono. E in quella frase c’è tutto: il lavoro, la pazienza, l’amore.
La cantina di Riccardo e Serena non è solo un luogo dove si produce vino. È un laboratorio di vita, un angolo di mondo dove si sperimenta, si sbaglia, si ride e si cresce. Ogni bottiglia è un frammento di questa avventura, un invito a rallentare e ad ascoltare ciò che la terra ha da dire.
In un tempo in cui tutto corre, loro scelgono di camminare. Di raccogliere a mano, di dipingere etichette con il cuore, di raccontare il vino prima ancora di versarlo. E forse è proprio questo che rende il loro progetto così speciale: il coraggio di restare autentici, anche quando sarebbe più facile omologarsi.
Se vi capita di passare per Turrita, fermatevi. Non cercate una cantina patinata, ma una porta aperta, una chiacchiera sincera, e magari un calice di Perbacco davanti al camino. Perché, come dicono loro, “Lu vino se fa ‘nto la vigna”, ma si vive insieme.
Articolo a cura di Mister Wine – Giovanni Scapolatiello – Sommelier Ais Italia














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